mercoledì 13 giugno 2012

FESTA ANTIRAZZISTA DI DOMENICA 10 GIUGNO

E’ STATA UNA BELLA QUELLA DELLA FESTA ANTIRAZZISTA DI DOMENICA

Eravamo in tanti e siamo riusciti a tenere a bada anche i nuvoloni neri che per tutto il giorno hanno minacciato pioggia. Qualche goccia mentre Joyeux cantava ma con la sua musica e le sua energia nemmeno ce ne siamo accorti.
Già dal mattino la sorpresa di trovare i marocchini schierati in campo: una coincidenza che ha reso il torneo di calcio più vero e combattuto, partite corrette, gioco fisico.
Noi antirazzisti scarsi come sempre, gli africani tecnici ma indisciplinati nel gioco di squadra, le due squadre del Marocco ben messe in campo.
Il bordo campo assiepato, tifo assordante, tutti bravi a dispensare consigli inutili a chi correva dietro al pallone. Alla fine hanno vinto i marocchini di Barge, 5 a 3 contro la squadra africana mista Caritas/Casa del cimitero.
Per pranzo la cucina affollatissima di volontari e volenterosi ha preparato delle ottime tagliatelle, oltre centro porzioni, assai gradite. Bambini bianchi e neri che giocavano nel pratone, biciclette che neanche al giro d’Italia se ne vedono così tante tutte insieme, un pezzo d’Africa in centro a Saluzzo e la consapevolezza di essere lì per dare il benvenuto a tutti i migranti, senza l’ossessione del lavoro che non c’è, senza chiedere i documenti a nessuno, senza voler convincere nessuno ad andarsene.

Dare il benvenuto e mantenere viva la speranza di trovare, da oggi fino a ottobre, qualche giornata di ingaggio che giustifichi la permanenza a Saluzzo. La speranza che né i controlli e le intimidazioni delle forze dell’ordine, né le previsioni funeste per la raccolta riusciranno mai a fiaccare.
La certezza che a Saluzzo vale la pena restare, anche se questo non piace a tutti, perché tanto altrove è peggio.
Nel pomeriggio l’assemblea è stata ricca di interventi e di spunti di riflessione, un’equipe di traduttori in francese ha svolto un lavoro prezioso per rendere comprensibile a tutti quanto si diceva.
Antonello Mangano, autore del libro “Gli africani salveranno Rosarno (e probabilmente anche l’Italia), è stato bravo a collocare la vicenda di Saluzzo nel contesto più ampio dei problemi legati allo sfruttamento e alla precarietà del lavoro di cui i migranti africani sono soltanto l’anello più debole; poi gli amici di Africalabria e Equosud, "x" e "y" che hanno esortato i loro fratelli a restare uniti e lottare per ottenere una sistemazione accettabile e migliori condizioni di lavoro, con i loro toni pacati e lo sguardo fiero di chi non possiede nient’altro che la propria dignità di uomo.
Le Brigate di Solidarietà Attiva hanno toccato un tema assai attuale a Saluzzo ovvero la gestione dei campi di accoglienza: partendo dalla loro esperienza concreta con i migranti e nelle zone terremotate, hanno sottolineato l’urgenza di favorire l’autogestione dei migranti anziché adottare i modelli “militarizzati” della protezione civile, affinchè i campi siano luogo di incontro e non di ulteriore ghettizzazione.
Infine l’avvocato dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione ha illustrato la possibilità di utilizzare le norme vigenti per praticare un’accoglienza aperta alla società civile e non solo delegata agli organismi preposti.
Gli interventi si sono alternati davanti ad un’affollata e attentissima assemblea composta per la maggior parte di migranti: c’erano quelli che abitano a Lagnasco, Martiniana, Costigliole, quelli della Caritas e della casa del cimitero, quelli che sono in stazione, quelli che hanno trovato sistemazioni di fortuna chissà dove.
Una importantissima occasione di ascolto, incontro e confronto per affermare ancora una volta che i migranti non sono i destinatari passivi di interventi assistenziali ma soggetto attivo e propositivo che va ascoltato senza la presunzione di avere soluzioni belle pronte ed efficaci.
Per cena la ormai classica polenta che non è bastata per tutti; per fortuna la generosità dei molti arrivati ha fatto si che nessuno rimanesse senza mangiare, segno che qualcosa si sta muovendo, in silenzio, dal basso e qualche crepa nel muro dell’indifferenza comincia ad aprirsi.
Una coda lunghissima di persone che aspettavano il proprio turno per riempire il piatto, volti sorridenti, la vicinanza fisica tra bianchi e neri che scatena una energia positiva, presentarsi con il proprio nome come dovrebbe accadere di solito quando ci si incontra tra uomini e donne, non io bianco e tu nero, io italiano tu immigrato, categorie sociali che allontanano e dividono.
Poi la musica, la danza, le urla…strette di mano, abbracci prima di spegnere le luci.

l.

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